1976: scuola media di Lumezzane, profondo nord, interno giorno. "Durante la ricreazione uno dei ragazzi, con un calcio, sfonda la porta della classe. A me che chiedo di pagare i danni così risponde, mettendo la mano in tasca: "mi dica quanto costa, professore, che gliela pago!". 2007: scuola media "Sandro Pertini" nel cuore del quartiere di Brancaccio a Palermo, nel centro del Mediterraneo, crocevia di culture e dominazioni, anche qui interno giorno. "Alla mia identica richiesta di trentuno anni prima di pagare i danni avanzata ad uno studente, che anche qui ha appena sfondato la porta dell'aula, non ricevo risposta ma soltanto uno sguardo di sfida, misto ad un atteggiamento di paura, che denota l'impossibilità del ragazzo e della sua famiglia di potere disporre di una somma per pagare la porta". Ecco è proprio analizzando, senza alcuna pretesa sociologica ma da attento osservatore, questi due episodi simili ma diversi avvenuti in due territori distanti tra loro del Paese che sta il succo del lavoro di Rosario Ognibene, insegnante e dirigente di lungo corso. Racconti e analisi contenuti in questo libro che il docente ha voluto con caparbietà dare alle stampe decidendo di intitolare, dopo lunghe riflessioni: "Le intelligenze invisibili" con una chiosa: "Quando il disagio sociale è la causa maggiore di scelte di futuro sbagliate". "Questo testo è nato perché chi lo legga possa avere la conoscenza d'insieme anche e non solo di una scuola media cosiddetta a rischio di Palermo, attraverso avvenimenti realmente accaduti, vissuti da ragazzi particolari", dice Ognibene. E ricorda che dal 2007 al 2009 ha raccontato di questi ragazzi, quasi in tempo reale settimanalmente, sul quotidiano "La Repubblica" di Palermo. La rubrica sul diario di bordo di un preside nacque per caso. Per un'intuizione dell'allora capo della redazione del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Ero infatti a pranzo in attesa, di mangiare spaghetti con le vongole, insieme a Enzo d'Antona, in una trattoria in riva al mare ad Aspra, quando ricevetti la telefonata di Rosario che mi annunciava la sua nomina alla guida della scuola in quel quartiere palermitano "tristemente legato alle vicende di Don Pino Puglisi, coraggioso sacerdote, servitore della Chiesa, - scrive Ognibene - fatto beato dal Papa recentemente ed in procinto di diventare santo, barbaramente ucciso proprio perché impegnato a salvaguardare i minori dal rischio di essere assoldati dalla malavita mafiosa". Appena terminata la conversazione telefonica, io ed Enzo ci guardammo negli occhi e lui mi disse: "digli se gli va di scrivere una rubrica settimanale della sua esperienza per il giornale". E così fu. Ognibene non saltò una puntata. Quei suoi racconti dal fronte scolastico sono stati adesso ampliati e raccolti in un opera organica che dovrebbe essere letta da chi vuole districarsi e comprendere il vasto campo della scuola. Luogo di formazione delle nuove generazioni. E anticamera di chi gestirà le sorti del futuro. Ognibene descrive minuziosamente con un linguaggio scorrevole destinato a tutti i lettori senza rifugiarsi nel gergo degli addetti ai lavori la sua esperienza nella stanza dei bottoni e delle decisioni sempre con attenzione alla base e all'utenza.
"I giorni si rincorrono in fretta! Il quattordici settembre, qualche ora prima dell'inizio delle lezioni, seduto alla mia scrivania penso come uno degli obiettivi fondamentali di questa scuola debba essere quello di assicurare agli studenti, sia a quelli del mattino che a quelli del serale, un minimo di coesione sociale possibile".... "Obiettivo ineludibile, da perseguire costantemente attraverso relazioni costanti con tutte le agenzie educative del territorio, al fine di costruire un'alleanza formativa dentro un sistema integrato di istruzione, perché non si tratta di rapporti da stringere solo in momenti critici come se fosse una semplice risposta ad un'emergenza", afferma l'autore. E affronta temi come la dispersione scolastica che fa rima con bullismo. Con affermazioni del tipo: "Preside io devo lavorare per campare la famiglia, non posso pensare anche alla scuola". E ancora narra la storia di Giovanni di dieci anni che frequenta la prima media e sogna di giocare nei pulcini del Palermo calcio. E quelle di Giuseppe e di Antonio. O il ruolo del sindacato e la sfida delle periferie nella scuola con le porte sempre rotte. Ma quali sono le intelligenze invisibili? "Sono quelle paragonabili a quei ragazzi 'neri invisibili' per i quali Martin Luther King sognava un avvenire migliore. Il paragone non è gratuito, anzi calza perfettamente a dimostrazione che qualsiasi egoistica motivazione, razzista o classista che sia, non è accettabile per giustificare una cattiva politica scolastica che penalizza tante giovani menti", scuote la testa Ognibene che dopo l'esperienza a Brancaccio passa in quelli che sono considerati con una definizione squallida e d'antan "quartieri bene". Dirige la scuola primaria "M.Rapisardi-G.Pitrè", che nell'arco di due anni diventerà Istituto comprensivo "M.Rapisardi-G.Garibaldi".
"Nel territorio è presente tutto quanto non è presente a Brancaccio: cinema, teatri, associazioni culturali, biblioteche, asili nido privati, strutture sportive e ricreative", spiega. E osserva: "quello che fa la differenza è sicuramente l'assenza dei bulli nelle classi". Gli si apre davanti agli occhi un altro mondo dove "la quasi totalità delle famiglie partecipa attivamente alla vita della scuola e mantiene assidui rapporti con gli insegnanti, intervenendo costantemente alle riunioni degli Organi Collegiali". Eppure avverte: "il lato negativo ovviamente è che in questo territorio la comunità si crea da sé virtualmente in modo spontaneo, attraverso le discussioni improvvisate nei capannelli che si formano attorno alla scuola o attraverso i social facebook o whatsApp". Il volume si chiude con una certezza: "c'è molto da cambiare nella scuola media italiana, ma il cambiamento presuppone tempi lunghi, perché è necessario acquisire la certezza degli effettivi bisogni di tutta la società civile". Giovanni Franco (ANSA)