Un albergo è di certo un luogo particolare: per la funzione che ha svolto in ogni tempo nella società, favorendo i traffici, consentendo gli spostamenti atti a contribuire alla conoscenza dei popoli, dei costumi, delle usanze: in definitiva , uno strumento di civiltà. Ma anche perché in ciascuno di essi si annida un vero e proprio catalogo del mondo, una vetrina di tipi umani, differenti non soltanto sotto il profilo fisico, ma anche sotto l'aspetto della loro interiore personalità, dell'attività svolta nella società, della loro importanza sociale. Quest'ultima viene più in evidenza ovviamente allorquando si tratti di una grande città e di un albergo che in certo senso sia in grado, per la sua notorietà, di rappresentare quest'ultima anche al di fuori della nazione cui appartiene. E' assai comprensibile, quindi, che la letteratura, il cinema, la televisione abbiano da tempo intuìto le peculiari caratteristiche di questi particolari ambienti che racchiudono, in uno spazio relativamente ristretto, persone diversissime fra loro, ognuna delle quali vive una propria vicenda umana, dominata di volta in volta da un amore, da un sogno, da una passione e, talvolta, da un dramma capaci di destare e mantenere l'interesse del pubblico.
In particolare la cinematografia francese negli anni trenta, epoca nella quale quest'ultima eccelse per profondità di contenuti e bravura di attori, non trascurò di occuparsene ed anche il cinema americano nel 1932 affidò alla indimenticabile Greta Garbo il ruolo di una star del balletto classico nel film dal titolo Grand Hotel, ambientato in un albergo fittizio di Berlino negli ultimi anni della Repubblica di Weimar. E di recente ecco che il tema peculiare ritorna in una fortunata miniserie televisiva tedesca nella quale sotto il titolo Una famiglia si narrano le vicende dell'hotel Adlon sorto a Berlino sotto la porta di Brandeburgo nel 1904. Lo sceneggiato copre l'arco temporale dalla nascita del lussuoso albergo fino alla riapertura attraversando le varie e diverse fasi della recente storia del popolo germanico, dall'impero alla prima guerra mondiale, dal periodo d'oro degli anni venti al nazionalsocialismo, fino ai tempi attuali della Repubblica federale.
Ma in quest'ultimo caso l'albergo si confonde con la storia della famiglia che l'ha creato. Mentre nel romanzo scritto dalla giornalista e scrittrice Melinda Zacco felicemente dedicato ad illustrare il nostro centrale Grand Hotel et des Palmes è proprio quest'ultimo tra i protagonisti del volume sullo sfondo di una folla di personaggi celebri o quanto meno assai noti. Il passaggio di costoro nel grande, sontuoso albergo della nostra città è documentato attraverso un disegno o un motto inserito in un album preziosissimo di un anziano barman, conservato da lui con ogni cura, come un tesoro di carta, perché custodiva non soltanto le memorie di tanti soggetti ben conosciuti per la loro attività, ma anche, sia pur implicitamente, dava atto dell'evoluzione della sua carriera, dei suoi successi professionali che l'avevano portato ad essere apprezzato e ricercato per le sue creazioni di bevande alcooliche molto gradite dai frequentatori del bar dell'hotel. Nel romanzo, che trova modo di ricostruire anche la storia dell'albergo delle Palme, si intrecciano fatti e personaggi significativi delle varie epoche, dei climi diversi creati dalle differenti situazioni politiche, coerentemente passando in rassegna i personaggi del momento i quali, per una ragione o per un'altra, passando dal grande albergo e, naturalmente, non sfuggendo alla richiesta del barman di inserire un ricordo personale nel suo preziosissimo album, lasciavano una traccia tangibile . Rivivono così nelle intense pagine della Zacco gli splendori lontani d'una città che nel suo grande albergo ha accolto grandi figure come quella di Richard Wagner, che aveva abbandonato il gelido nord ed era venuto a Palermo in cerca del benefico sole siciliano, perché da esso ricevessero nuovo vigore e forza le sue logorate membra in modo che egli potesse terminare - come poi avvenne - il suo Parsifal . E in un cantuccio delle stanze a lui destinate il sontuoso pennello di August Renoir ne traccia in modo mirabile le fattezze, cogliendo nello sguardo rapace il fulgido baluginio del genio. Non molto tempo dopo ecco che il Grand Hotel diventa la sede scelta da Francesco Crispi per impartire lezioni di politica; il quale, divenuto Presidente del Consiglio ne fa il quartier generale delle truppe destinate alla sfortunata guerra africana. E sempre le Palme divengono il teatro in cui si alternano gli spadaccini (la moda dei duelli terminò nel 1915 in seguito alla sua abrogazione legislativa) quali il conte Arrivabene, don Ignazio Florio. Il conte Ernesto Perrier de la Conette e il marchese Emanuele de Seta che ivi dettero spettacolo della loro abilità schermistica. Ma ecco che sopravviene la necessità per il grande albergo di rimodernarsi- A ciò provvede il magistrale tocco dell'architetto Ernesto Basile, maestro del Liberty nostrano coadiuvato da Salvatore Gregorietti: il palazzo venne allargato, reso più luminoso ed anche più lussuoso, perdendo il giardino d'inverno, ma acquistando una hall sapientemente arredata. E il romanzo insegue nuovi tempi e nuovi personaggi. Scorrono nelle dense pagine del libro gli uomini nuovi che muovono le fila della società del tempo, gli esponenti di un determinato periodo storico, il cui nome è sufficiente ad orientarsi già nella ricostruzione di un'epoca.
Una vera e propria folla di politici, attori, artisti, pittori, cantanti,poeti e perfino di mafiosi italo-americani che sarebbe inopportuno ricordare in questa sede introduttiva: meglio lasciare al lettore il piacere di scoprirla, nome dopo nome, mediante l'attenta lettura delle pagine che ne riportano gli estremi, saggiamente inseriti nell'archetipo della trama del libro.
Quest'ultimo, in tal modo, assume, a ben guardare, il carattere di una vera e propria saga; la saga di un grande albergo trattato come un vero personaggio, certamente: ma, anche, la storia recente di una città giocata su quella dell' apparente protagonista vale a dire, la figlia di una ballerina danese avuta da un nobile siciliano. Costei, nata a Palermo, educata in un collegio di monache, lavorando nel grande albergo, tramite l'anziano barman, ritrova le tracce della madre che si era dileguata dopo la sua nascita: e ha la gioia poi di conoscere il fratello di cui aveva vaghe notizie ma che non avrebbe potuto rintracciare senza la scoperta di una lettera giunta al barman con la quale il figlio della ballerina David Hofferson chiedeva di indagare sull'esistenza a Palermo di una sorella non rintracciata altrimenti. Così, il romanzo si chiude con un finale positivo per i due fratelli che riescono a rintracciarsi nonostante tutte le difficoltà frapposte dalle circostanze avverse e dallo strano comportamento delle madre.
Ma si badi: il libro rappresenta anche la saga della nostra Palermo attraverso i tanti personaggi rievocati collocati nel tempo in cui vissero ed operarono. Infatti, l'attento lettore non potrà non respirare, pagina dopo pagina, il grande amore di chi l'ha scritto per la nostra bella e non certo fortunata città. Lo stesso amore che le ha dettato altre opere elencate nel suo curriculum. Grande atto d'amore che meriterebbe di certo da parte dei suoi concittadini non soltanto ogni apprezzamento, ma un vero e proprio atto di affettuosa riconoscenza.
di Alfonso Giordano