UN GRANDE ATTO D’AMORE PER LA NOSTRA CITTÀ
Nell’ultimo anno della mia permanenza a capo della Corte d’appello di Palermo ebbi la ventura di ricevere la visita di un collega sloveno che, venuto a Palermo da turista, aveva pensato bene di recarsi al palazzo di giustizia e di presentarsi all’esponente dell’autorità giudiziaria del distretto in quel tempo al vertice della gerarchia sotto l’aspetto amministrativo. Il mio cortese visitatore era un signore alto e distinto il quale parlava molto bene la nostra lingua, e si mostrava assai interessato delle procedure da noi seguite nell’amministrazione della giustizia e delle nostre attrezzature. Lo accolsi con la cortesia che meritava, stante che egli, mostrava di conoscere meglio di tanti compatrioti, massime se politici, le gerarchie della nostra magistratura e, per di più, sia per il suo atteggiamento sia per le osservazioni man mano desunte dalla nostra conversazione, possedeva quell’habitus comportamentale che avrei augurato a molti dei colleghi che con me condividevano l’ardua gestione del giure.
La mia accoglienza, improntata a sodale ospitalità non poté andar di là di un modesto caffè e di un cornetto, che ordinai e pagai al bar sottostante con soldi – si badi bene – prelevati dalle mie tasche, sia perché i magistrati non hanno fondi palesi o segreti a loro disposizione, sia perché mi faceva piacere rispettare (anche se in minima misura) la fama della generosa ospitalità siciliana che un tempo costituiva uno dei nostri vanti . Dopo qualche tempo ricevetti una lettera di ringraziamento che proveniva dalla città di Nova Gorica che – pensate un po’ – altro non è che la nostra bella Gorizia che per metà è sul versante italiano e per l’altra metà su quello sloveno.
Ma il mio ricordo è associato ad una domanda che il mio cortese interlocutore ebbe a formularmi durante la nostra conversazione. Egli infatti mi chiese se fossi stato in grado di indicargli un libro che in modo semplice e nello stesso tempo ben informato riuscisse a dare una compiuta immagine della nostra città. Confesso che allora rimasi perplesso e mi limitai a fare il nome di qualche guida ma senza una sincera e piena convinzione.
Viceversa, oggi, se mi si fosse rivolta la medesima domanda non avrei alcuna esitazione a rispondere, – stavolta veramente e sinceramente convinto – perché ho avuto la ventura di leggere il bel libro di Melinda Zacco, intitolato Palermo bellissima…da sempre edizioni ZAcco, giunto già, meritatamente, alla seconda edizione in pochi giorni. L’autrice è una scrittrice e giornalista palermitana che, sospinta dal grande amore che la lega alla città natia, ha scritto un’opera che svela le bellezze del capoluogo siciliano con una magica opera di selezione ed illustrazione, introdotte da un’opportuna ambientazione storica capace di metterne in luce le stratificazioni temporali, le stirpi succedutesi negli anni della nostra storia irta di grandezze sublimi e di pesanti ingiustizie subìte, ma tutte illuminate da una profonda intuizione del bello. Intuizione che si anima e si concreta nei mille monumenti più o meno conosciuti che testimoniano della sua altera grandezza, della sua vitalità imperitura attraverso i tempi. L’autrice del libro, con mano esperta e sicura, scevera nel lussureggiante scrigno dei tesori della nostra città, svelando spesso luoghi, aspetti ed istituzioni sconosciuti, o poco conosciuti, agli stessi palermitani. Il volume, il cui stesso titolo Palermo bellissima… da sempre, esplicita in pieno lo stato d’animo gratificante di chi lo ha concepito e scritto, si avvale di una veste tipografica squillante e suggestiva, di un’accorta prefazione e di una dedica affettuosa dell’autrice a chi era destinato da Dio ad essere il compagno della vita. Ma il prezioso interesse che il volume suscita nel lettore è quello che nasce dall’ambientazione storica in cui il singolo monumento trova la sua logica collocazione e spiegazione. E’ infatti palese che la curiosità del lettore non può esser soddisfatta soltanto dalla descrizione dell’opera architettonica o artistica passata in rassegna, ma va quest’ultima completata dalla rievocazione della peculiare temperie che ne ha reso possibile l’esecuzione e ne rende oggi perspicui gli intenti perseguiti a chi si accinga a valutarne valore e significato.
L’opera procede così, partendo dai graffiti dell’Addaura che testimoniano delle attività e delle primitive manifestazioni artistiche dei nostri progenitori, svariando,poi, nel ricordo di Thea la donna palermitana più vecchia custodita nel Museo naturalistico Gemmellaro di Corso Tuköri. Ricorda l’operosità dei Fenici e trascorre sui primi germi fecondi del Cristianesimo in Sicilia in concomitanza con la venuta di San Paolo a Siracusa. Rammenta l’importante ruolo svolto dalla nostra città nei primi secoli in cui la religione cristiana andava affermandosi, attestato dai due complessi cimiteriali sotterranei e dalla catacomba paleocristiana di Porta d’Ossuna. Passa,poi, attraverso il lungo periodo bizantiniano durato per più di tre secoli, che le dà modo di soffermarsi sui due palermitani che ascesero al soglio pontificio, Sant’Agatone e Sergio primo, al quale ultimo è intitolata la popolosa arteria in cui sorge l’hotel Villa Igiea, concreta testimonianza del genio artistico di Enesto Basile, noto esponente del Liberty italiano. E’ noto che per suo merito Palermo resta fra le città più importanti in cui quello stile novecentesco attinse peculiari vette architettoniche.
Ma, a questo punto, il vasto affresco delineato dal libro che andiamo esaminando procede ad illustrare le testimonianze della dominazione araba, le moschee impiantate su chiese cristiane, gli organi di governo, il castello di Maredolce, la Kalsa, i quartieri arabi, le Corti degli Emiri in cui i poeti erano tenuti in gran conto, le curiosità gastronomiche, i Quanat, eccezionale opera d’idraulica sotterranea, atta ad intercettare le falde acquifere e a consentire, tramite la gravità e la pendenza, l’affioramento dell’acqua in superficie. E’ noto che gli Arabi hanno avuto sempre il genio dell’idrodinamica.
Ma ecco arrivare l’abbagliante periodo normanno che restituisce alla nostra città il culto cristiano e gli edifici ad esso dedicati come la splendida cattedrale riconsacrata da Nicodemo, l’arcivescovo che si era appartato in una chiesetta alle falde del monte Caputo richiamato da Roberto d’Altavilla dopo il trionfale ingresso nella città insieme col fratello Ruggero nel gennaio 1072. Opportunamente l’autrice nel descrivere sommariamente il monumento,non manca di delineare la storia della cattedrale cui nel 1700 ad opera dell’architetto Ferdinando Fuga aggiunta la discussa cupola, E’ comunque il momento di rievocare la leggendaria figura del gran Conte Ruggero, inumato nella cattedrale di Palermo dove le sue spoglie mortali furono trasportate da Mileto in Calabria dove egli era morto. Gli successe il figlio omonimo Ruggero II, che dimostrò d’esser degno del padre, tanto da esser giudicato come il più grande sovrano del medioevo. Nei ventiquattro anni di regno egli seppe rafforzare l’autorità centrale dello stato e sotto la sua saggia guida fiorirono l’agricoltura e l’industria, furono eretti monumenti di rilievo come quel gioiello d’arte musiva conosciuto in tutto il mondo che è la cappella Palatina. Tuttavia il figlio che gli successe Guglielmo è passato alla storia col significativo attributo di «malo» che si contrappone a quello meritato invece dal suo successore il figlio omonimo detto «il buono». Si avvicinava la fine della dominazione normanna con Tancredi. Ma molte sono le testimonianze monumentali di quella dominazione: basti ricordare accanto al Palazzo dei Normanni la prestigiosa chiesa Santa Maria dell’Ammiraglio detta «Martorana».
Così, ripercorrendo ritroso la storia della città l’autrice incontra la grande figura di Federico II, stupor mundi, sotto il cui regno illuminato, fiorì anche – come è noto – la poesia poiché la sua reggia costituì la culla di quella che fu la «scuola siciliana» antesignana di quella «toscana» del dolce stil nuovo.
E’ quindi la volta di Carlo d’Angiò e dei «Vespri siciliani» celebrati anche Dante. Seguono il periodo di dominio spagnolo,con indugio su alcune porte di Palermo,il culto della Santuzza, il periodo borbonico con la costruzione della palazzina cinese. Ed ecco l’ottocento col teatro Massimo, il Politeama Garibaldi, l’Opera dei pupi. E finalmente l’unità d’Italia, Francersco Crispi capo del governo, la famiglia Florio, la famiglia Whitaker, la costruzione dello Stadio della Favorita, il Castello Utveggio, la spiaggia di Mondello, le due guerre mondiali, pittori e scultori del novecento, hanno trovato opportuna menzione e doveroso indugio nel bel libro della Zacco che si avvale, altresì, di splendide fotografie a colori.
Si conclude così il contributo d’amore della scrittrice verso la sua, la nostra città. Un’opera frutto di studio e di ricerche storiche che costituisce, giova ribadirlo, un grande affresco che riesce a fornire un quadro compiuto e obiettivo della nostra bella città, descrivendone le bellezze, ma rammentandone opportunamente la storia. Un libro che non dovrebbe mancare nelle librerie di ogni buon palermitano.
Alfonso Giordano
già Presidente della Corte d’appello di Palermo